venerdì 6 settembre 2013

Napule è na cartuline


Napule è na cartuline. Questa è stata un delle prime cose che mi ha detto I. F. al mio arrivo a casa sua, nel centro di Napoli. Una battuta ricorrente di Pippo Chennedy che avevo quasi scordato, ma che una vera napoletana non poteva aver dimenticato. Purtroppo non riesco a trovarla su YouTube...






'Vedi Napoli e poi muori' dicono. Io l'avevo sempre snobbata, sempre pensato che questa frase fosse un'esagerazione. Sempre preferito Roma, anche e soprattutto per la maggiore vicinanza e miglior connessione ferroviaria. Questo ha voluto dire che Napoli proprio non la conoscevo, avendola visitata un pomeriggio del 1997 dopo una mattinata a Pompei; era il giorno della morte di Lady D. L'unica altra “visita” è stata in macchina nel 2006 per andare al porto a prendere un traghetto verso la Tunisia. Punto. È la seconda grande città più vicina a Ceccano eppure non ricordavo praticamente niente. Poi ti capita la fortuna di conoscere due splendide ragazze durante un corso, che queste ti riaccompagnino a casa sulla via del ritorno verso Napoli e ti offrano di ospitarti per una piccola visita alla loro città. E finalmente cominci a conoscere un po' Napoli.
Mi viene subito in mente Barcellona, forse perché anche quello è un porto sul Mediterraneo o forse perché è lì che ho vissuto nell'ultimo periodo. Barcellona è una città ricca di cultura e di culture, di persone che vengono da ogni parte del mondo; una città con due culture e due lingue dominanti —la catalana e la spagnola— alle quali si aggiungono le culture di tutte le persone che ci vivono, indipendentemente da dove esse provengano. Barcellona è al centro del Mediterraneo, di un Mediterraneo fatto di lingue diverse e di persone che continuano a mischiarsi per creare una cultura sempre più ricca e moderna.

Napoli è il Mediterraneo.

È una città multiculturale perché piena di napoletanx, abitanti di questa città al centro del Mare Nostrum da sempre, quando di barcellonesi a Barcellona se ne trovano pochx. E le napoletane e i napoletani hanno una cultura così ricca e potente perché hanno avuto dominatori di ogni tipo, ma loro sono sempre restate le stesse persone con la loro maniera di fare le cose che può essere giusta o sbagliata, ma che è la loro. Con un'adattabilità esemplare, fuori dal comune, assolutamente da invidiare. O forse con una capacità di far adattare le altre persone a Napoli. Una città dove la cultura e la lingua napoletana sono state e sono capaci di inglobare tutto quello che viene e non per un'imposizione più o meno velata —come accade invece per il Melting Pot statunitense— quanto per un naturale processo di osmosi. A Barcellona si parla spagnolo, ma si parla anche —e soprattutto— catalano. Ma poi ho ascoltato l'inglese e l'italiano e il galiziano e il portoghese e il francese. E si ascoltano lingue alle quali non si sa dare un nome. A Napoli ci sono stato troppo poco e sicuramente succederà anche lì, ma a Napoli si parla napoletano. Spesso un italiano con un accento, una prosodia e alcuni termini napoletani —come ormai succede per tutte le lingue e i dialetti d'Italia— ma napoletano. Perché la cultura dà forma alla lingua e viene creata da questa.

Barcellona è una somma, Napoli è una fusione.

Napoli è una città capace di sorprenderti in ogni momento, per tutte le ragioni possibili e per molte che neanche ti aspettavi.

Visitarla con qualcuno che la conosce aiuta molto, chiaro, e dopo essere arrivato alla stazione di Napoli Centrale ho preso la metropolitana e raggiunto S. L. Con lei siamo andate a casa di I. F. dove ho lasciato il mio zaino perché la notte ho dormito lì e dopo una lunga chiacchierata in terrazza con una splendida vista sulla città ce ne siamo andate in giro. Anche loro sono rimaste sorprese dall'incredibile numero di persone che c'erano per essere un giovedì sera di tarda estate, ma a me l'incredibile vitalità di questo posto ha davvero sconvolto!
Pizza da Sorbillo
Dopo una pizza in una delle pizzerie più rinomate —e affollate— di Napoli (e una margherita a 3€) e una bellissima serata fatta di tanti incontri, di chiacchiere, di musica vecchiotta, di camminate e soprattutto di risate, ce ne siamo andate verso casa di I. F., poi a un certo punto mi hanno lasciato per andarsene verso casa sua S. L. e verso la casa del suo compagno I. F.
La mattina dopo ho seguito i consigli di S. L. e ho percorso tutta via Toledo fino ad arrivare al lungomare. Mi sono fermato in un bar per un caffè e una sfogliatella e qua e là per un occhiata ai monumenti (la galleria Umberto I, il Maschio Angioino, varie piazze, etc.)
Piazza Plebiscito
prima di arrivare al lungomare che ho percorso fino a arrivare al bel Castel dell'Ovo che ho visitato a lungo. Tornato indietro mi sono incontrato con S. L. per pranzo. Abbiamo fatto
Castel dell'Ovo
una bella camminata per il centro mangiando qui e là e cominciando a vedere in maniera più approfondita cose che non ti aspetti. “Per vedere Napoli devi imparare a spiare” mi dice S. L. dopo averle riferito di aver visto un uomo anziano mangiare pasta nel suo negozio di presepi nella centralissima Via San Gregorio Armeno, la strada dei presepi. Poco dopo S. L. è dovuta tornare al lavoro e mi ha lasciato alla visita dei quartieri spagnoli. La vera Napoli, secondo colei che ha incontrato e codificato La vera Italia in provincia di Viterbo.


I quartieri spagnoli sono davvero La vera Napoli. Sono come Napoli³. Ogni angolo, ogni persona, ogni suono è una nuova sorpresa. Vicoletti incantevoli, ma non incantevoli-per-turisti, bei graffiti un po' ovunque a fare da contraltare alle svariate edicole votive, piazzette, scooter sovraffollati che sfrecciano nelle lunghe strade parallele, gruppi di immigrati dal subcontinente indiano che giocano a carte per strada allo stesso modo di gruppi di lavoratori che lo fanno dentro l'officina di un falegname. Ma non ci sono solo gli uomini in giro e la vita si fa in strada: un'anziana signora seduta al centro della strada con i suoi bellissimi gatti argentati, una donna con fisico non-da-modella che incurante si affaccia da un balcone in reggiseno per chiacchierare con altre persone nella piazza sottostante, venditrici e venditori di gelati, un anziano seduto davanti alla porta di casa sua —rialzata di vari gradini dalla strada— che guarda il mondo scorrergli davanti. E poi donne che pranzano nel loro bar e ragazze e ragazzi e bambine e bambini che chiacchierano, si muovono, vivono!

A presto Napoli! Non ho in programma di morire, per cui alla prossima puntata.